Accogliere le allucinazioni

La psichiatria le vede come la manifestazione di un male terribile e inesorabile; per un terapeuta corrispondono ad una comunicazione profonda, che sgorga dalla parte emotiva di noi, quella meno controllata, più ignota.

Le allucinazioni possono riguardare qualcosa che si vede, si sente o si tocca e possono evolvere in veri e propri deliri, più o meno articolati accompagnati da una notevole angoscia di sottofondo che fagocita il paziente, frantumandone l’Io.

Il terapeuta che desidera entrare in contatto con il proprio paziente non cerca di ‘smontare’ quelle storie deliranti, non prova a riportare ‘con i piedi per terra’ il paziente ma accoglie quelle strane narrazioni che diventano uno scenario in cui collocarsi, da cui aprire un dialogo per costruire un senso condivisibile.

“Dottore, spiegami l’inferno che si muove dentro di me” diceva Vanessa quando vedeva dappertutto occhi e ombre che la spiavano, minacciosamente ritenendola colpevole della sua fragilità e inettitudine a muoversi nella vita. (Chiara espressione del sentimento di fragilità e colpa da cui la stessa paziente era oppressa).

I farmaci anti psicotici aiutano a smorzare i deliri e le angosce che li accompagnano ma a volte impoveriscono chi ne soffre, perchè mùtilano di un pezzo della propria storia e malattia, quel terreno su cui paziente e terapeuta potrebbero incontrarsi e cercare di costruire un’intesa.

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