Mi accade spesso di incontrare coppie che richiedono una consultazione perché sfinite dalle continue discussioni; sull’orlo della separazione, sono ormai incapaci di comunicare, scambiarsi contenuti che non siano accuse reciproche.
Di solito i ruoli sono divisi in ‘attacante’ e ‘incassatore’; uno dei due elenca i torti subiti e le colpe del partner con puntigliosa precisione e ripetitività; l’altro/a si chiude, si mostra seccato, replica giusto perché si sente tirato in ballo ma con nessuna convinzione che possa servire a qualcosa.
Io osservo sempre con un po’ di sorpresa, una manifestazione così estrema e rabbiosa. Inizio a farmi un’idea di ciò che quella coppia sta vivendo, dei temi ‘caldi’ ricorrenti nelle discussioni.
Ci vorrà un po’di tempo prima che riescano ad ascoltarsi veramente; per farlo deve essere possibile posare le armi e gli scudi e iniziare a vedere le cose da un’altra angolazione.
Poi è il momento della ‘dichiarazione d’intenti: ‘ecco vede? E’ sempre così non ascolta…ma ci teniamo l’uno all’altra e non vogliamo lasciarci perlomeno senza averle provate tutte; per questo siamo qui…’.
Ma cosa sta succedendo? Perché due persone legate da affetto e da un progetto di vita insieme non riescono a trarre piacere dal proprio rapporto? E’ chiaro che se si desidera cambiare si da ancora valore al legame anche se la qualità della relazione si è deteriorata…
Alcuni principi generali
Ciò che sta accadendo è che il risentimento e le ferite del passato, i copioni appresi nella famiglia di origine riemergono, sollecitati da qualche aspetto del partner, del suo modo di essere e della situazione.
La rabbia e il risentimento sono emozioni difficili da elaborare; se nel passato si sono vissute nella propria famiglia d’origine relazioni frustranti, di scarso riconoscimento può essere che qualcosa le porti a riattivarsi anche nell’attualità, con ‘gli interessi’.
Un esempio? Ricordo che Teresa, una mia paziente di qualche anno fa, era cresciuta in una famiglia rigida, con un padre sempre pronto a criticarla e a chiederle di essere diversa. Con il marito, senza rendersene conto, tendeva ad avere una modalità simile a quella del padre: di critica costante per le sue presunte ‘inadempienze’e di rabbia per ciò che riteneva di sùbire, in termini di mancanza di attenzioni.
Il marito si chiudeva ed era costantemente sulle difensive e questo non la aiutava, ma era comprensibile. E la miccia del litigio si innescava…
Su quali aspetti si dovrà lavorare per cambiare le cose?
- Imparare a ‘sentire’ quali sono le emozioni che si muovono dentro di se’
- iniziare a riconoscere quali aspetti distruttivi personali entrano in gioco, come la critica costante, l’autosvalutazione, il rancore
- abbassare le difese, imparare ad ascoltare l’altro
- accettare la diversità del partner
- accettare di ricevere e non temere di essere vulnerabili