Si, ammalarsi di lavoro è possibile; anzi accade di frequente. I sintomi sono facilmente riconoscibili: energia bassa nell’ intraprendere attività di qualsiasi tipo, tendenza ad isolarsi dai colleghi o dagli altri in generale, posizione costantemente autocritica, timore del confronto perché si teme possa essere svalutativo, rimuginio costante sui fatti accaduti.
Il lavoro non va visto solo come un modo per ottenere danaro ma ha a che fare con la propria capacità di incidere sul mondo, con l’impatto sociale, con la stima personale. Questioni profonde e delicate da cui può dipendere molto del nostro stato di benessere emotivo.
E poi c’è un aspetto particolarmente delicato e spesso inconsapevole: noi ci portiamo dentro le voci dei nostri genitori o educatori che sono stati un riferimento nel bene e nel male; le loro critiche e richieste di essere in un ‘determinato’ modo. Le critiche dei capi o dei colleghi di lavoro ‘entrano in risonanza’ con ricordi ed emozioni legati a quei vissuti; per questo ci può riuscire difficile relativizzare ciò cha accade. Fino a convincerci di essere veramente incapaci e non riconoscere di avere in noi le leve del cambiamento.
Non è infrequente imbattersi oggi in ambienti di lavoro maltrattanti, alcuni fino alla violenza psicologica costante. Il pericolo è di adattarsi gradualmente come se quella fosse l’unica realtà possibile per sé. Ci sono legami distruttivi che sono molto forti e difficili da sciogliere.
Se si perde la capacità critica c’è il rischio di scivolare in una vera e propria depressione accompagnata spesso da fastidiosi e invalidanti sintomi somatici (emicranie, gastriti, dolori muscolari, stanchezza cronica…). Le relazioni affettive e famigliari ne vengono pesantemente influenzate. Per questo il confronto con uno specialista può essere una risorsa preziosa: può aiutare ad osservare le cose da una prospettiva diversa e a ritrovare quindi la fiducia nel cambiamento.