L’attacco di panico

drammatico, improvviso, terrorizzante, aveva aperto un improvviso squarcio di luce sulla condizione affettiva fragile di Renato. Ma ora era più che mai deciso ad occuparsene, a comprendere cosa ci stesse dietro per non ritrovarsi mai più a vivere quelle sensazioni di crollo imminente.

“Forse ha ragione mia madre e dirmi che non valgo nulla… mi critica continuamente ma in fondo io non le ho mai dato le soddisfazioni che si aspettava da un figlio”

Da espressioni come questa emergeva quanto il giudizio della madre avesse minato profondamente l’immagine di sè del figlio, ostacolando la possibilità che egli si creasse uno spazio di scelta in autonomia, quasi si fosse ‘consegnato’ alla madre divenendo un oggetto totalmente in suo potere che avesse scelto di privarsi della propria libertà e potenzialità di crescita.

Nascosta nei livelli più profondi della mente c’era la convinzione che, per un distorto meccanismo d’amore, la mamma l’aveva messo al mondo e lui rinunciava a separarsi da lei, a difendere la propria soggettività a costruirsi una vita adulta lontano. Accettava la manipolazione psicologica svalutativa, dei giudizi continui non riuscendo a pensarsi separato da lei.

L’attacco di panico forse era stato uno squarcio di consapevolezza improvviso sulla condizione di ‘non vita’ in cui Renato aveva finito per trovarsi invischiato, con tutto il suo corteo mortifero di impotenza e angoscia.

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